Come abbiamo detto più volte il cane è qualcosa di unico e inimitabile in natura. E’ praticamente impossibile scindere la sua storia evolutiva dalla nostra, siamo incredibilmente uniti, più che con i primati umani. Mai nel corso dell’evoluzione due specie, apparentemente distanti, si sono evolute in modo così amalgamato. Condividiamo lo stesso costrutto nervoso, emozionale ed incredibilmente anche un modello comunicativo.

Questo studio è solo l’ennesima conferma della nostra vicinanza. Si studia il cane non con l’idea di fargli subire esperimenti dannosi, così da usarlo per un nostro mero interesse, ma come modello traslazionale, cioè è un guardarsi allo specchio (e non attraverso un vetro), è osservare tutti quei comportamenti comuni a cani e bambini che possono celare l’autismo e questo proprio perchè in quanto specie sociali diamo entrambe un enorme valore al vivere, giore, comunicare e, perchè no, anche piangere insieme.

Purtroppo tutto questo non trova sempre riscontro nella nostra vita di tutti i giorni. Sempre troppi cani sono mortificati da una vita a catena, buttati in giardino, per essere usati come guardiani, usati come giocattoli per i nostri figli, stipati in box lontani dal gruppo sociale e quando non sappiamo più cosa farcene li abbandoniamo incuranti del tempo e della qualità della vita vissuta insieme.

E’ ancora troppo diffusa l’idea di rivolgersi a loro col fare da “capobranco” inibendoli, trattandoli come stupidi senza alcun diritto di pensare e di essere, ma che anzi vadano solo comandati e usati per il nostro piacere o per la nostra idea di cane. Troppo spesso ci rivolgiamo a loro con ordini, divieti e punizioni, senza chiederci per un solo istante cosa possa generare quel comportamento ritenuto scorretto, quale sia il loro stato d’animo o quali emozioni provino.

Questo studio è importante non perchè deve farci pensare che il nostro cane sia autistico o meno, ma perchè deve farci porre domande su ogni comportamento e deve spingerci a conoscere, ma davvero e fino in fondo, il nostro cane, senza inibirlo e senza etichettarlo per categorie di razza, sesso, età, tipologia, ecc, ma soprattutto deve farci nascere costanti dubbi e domande su cosa abbiamo fatto, stiamo facendo e cosa potremmo fare per essere davvero ciò che il cane crede che siamo.

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